giovedì 19 febbraio 2015

Un brutto editoriale.
Eugenio Scalfari nella sua rubrica settimanale “Il vetro soffiato”, dell'Espresso del 19 febbraio si mette a parlare di democrazia, verità e governi possibili e, non stupisce, fa qualche incursione scontata sull'anarchia. Nel complesso il pezzo è brutto, un po' confuso all'apparenza, ma chiaro in profondità: l'articolo è rivolto alla classe dirigente attuale e alle riforme, ai metodi, ai cambiamenti che questa, tramite i suoi governanti, e sui suoi governati, sta attuando. Fra le righe sembra di cogliere un misto di rimbrotti e delusione per una società, quella italiana, che sta sempre più scivolando verso un gattopardismo noto, un autoritarismo altrettanto noto in un quadro di impoverimento generale progressivo in una guerra di tutti contro tutti, o meglio di pochi oligarchi contro i dominati. L'ex-direttore di “La Repubblica” sembra insomma preoccupato per la deriva autocratica che il paese sta prendendo, vedendo in essa, in primis, il fallimento di una visione liberal-democratica che egli e il suo giornale, per decenni hanno portato avanti e che, nei fatti, non sembra aver dato alcun valore aggiunto alla società italiana se, a più riprese, questa ha seguito inerme l'arroganza della Milano da bere del craxismo, i miracoli berlusconiani, le riproposizioni dei governi di unità nazionali e il ritorno della buona e vecchia balena bianca del renzismo rampante e twittatore. Insomma l'articolo sembra quasi un'introduzione di un qualche scritto sul fallimento storico della prospettiva democratica e liberale a fronte dell'onnipresente società sabauda, borbonica e papalina (qualcuno direbbe clericale, massonica e mafiosa) che governa da sempre la penisola. Libero, Scalfari, di pensare e scrivere ciò che vuole, ma farlo veicolando il suo pensiero con riferimenti al “terrorismo” e al fallimento storico dell’anarchismo, è intellettualmente sbagliato. Parlare di anarchia e di anarchici in termini di eterni sognatori e utopisti rientra nel più banale stereotipo costruito per nascondere come in realtà la società umana riesca a governarsi e a vivere meglio fuori dalla gerarchia statale, delle armi degli eserciti e del mercato. Gli esempi in merito, è certo, lo stesso redattore è in grado di trovarli e citarli. Al tempo stesso usare l'accoppiata anarchismo e terrorismo in un paese che ha visto le bombe fasciste a Piazza Fontana, quelle mafiose un po' dovunque, i servizi segreti “deviati” - espressione di quella verità che governa di cui l'articolo in questione parla – sbizzarrirsi in attentati ed ammazzamenti vari, mentre questo paese forte della sua secolare esperienza coloniale nel Mediterraneo si prepara a massacrare civili libici … parlare quindi di terrorismo riferito agli anarchici, significa scivolare nell'antistorico e nel ridicolo, se non nella visione cara ai vecchi stalinisti. E poi, fatti salvi gli interessi editoriali, d'opinione e di lobby, se non fosse stato proprio per una libertà di pensiero, per una verità e diversità diffusa, presente nella società italiana, frutto di lotte partigiane e sindacali e non di editoriali, probabilmente l'altra verità di Repubblica nel '76, non avrebbe visto mai la luce nel dominio assoluto delle verità delle maggioranze dei grandi giornali di partito e di potere. Verrebbe quasi voglia di suggerire al redattore dell'articolo di riguardarsi la storia dell'umanità e non tanto quella dell'anarchismo o del movimento operaio, ma forse non è il caso di sollevare altre verità da cercare. Duole però rilevare che, un settimanale come l'Espresso, continui lungo un cammino che sembra più utile a consolidare lo status quo presente che non a metterlo in discussione, come nei fecondi anni in cui era nato e nei quali si fece portatore di tante battaglie civili e sociali. In chiusura è giusto tranquillizzare Scalfari sul fatto degli “anarchici sterminati”. Se ne faccia una ragione, riferirsi ai piccoli numeri di gruppi e circoli presenti, o alla scomparsa come movimento di massa (come un secolo fa) in relazione agli anarchici e all'anarchismo, è riduttivo e fuorviante. Loro, anzi noi, gli anarchici, ed esso, l'anarchismo, sono molto più presenti e diffusi nella società di quanto non si voglia vedere, altrimenti, con tutte le ruberie e i massacri delle verità dominanti, questa, la società dello stato e del mercato, sarebbe collassata su se stessa molto prima. Gioco forza gli sfruttati, per mantenere in vita se stessi, concorrono a sostenere la stessa società che li sfrutta. Ma questa è un'altra storia, molto più anarchica e libera che non democratica e vera.
Centro Studi Libertari “Luigi Fabbri” - Jesi

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