Cortei fascisti, antifascismo e lotta di classe.
Sabato 18 ottobre, in varie città Forza Nuova è scesa in piazza contro l’immigrazione, con numeri decisamente irrisori (fortunatamente) che però hanno richiamato alla mobilitazione antifascista ed antagonista. I risultati sono stati quelli “tipici” di certi appuntamenti: scontri, fumogeni, cariche, manganellate, fermi, denunce, anche se, alla fine, è stato raggiunto l’obiettivo di affermare la negazione (ossimoro che però rende l’idea) di ogni agibilità politica di piazze e città agli eredi del nazi-fascismo.
In una di queste piazze, Ancona, si è ritrovato tutto il mondo dei vari frammenti dell’eredità della resistenza: dagli anarchici ai centri sociali, dai vari partiti comunisti all’Anpi. Verso la fine della giornata, tornando a casa, due manifestanti incrociano una passante che domanda che cosa sia successo. Le rispondono che sono lì in opposizione alla manifestazione contro l’immigrazione. La donna capisce male e risponde: “Era ora, basta con questi immigrati. Tutti a casa!”. I due rimangono basiti e la donna si allontana. L’affermazione della donna è l’indicatore migliore del contesto politico sociale attuale, non solo di Ancona. Forza Nuova si mobilita nelle piazze, richiamando un fascismo populista e di pancia che nei fatti è già stato superato dallo stato di angoscia diffuso, dalla precarizzazione del lavoro e dall’impoverimento del ceto medio. La funzione squadrista degli eredi del Duce non è messa in discussione, ma la società cui si riferiscono, di fatto è più fascista di loro, pronta a scendere in strada per dare la caccia al nero, a fare la spia al padrone, a gridare al linciaggio qualsiasi cosa accada purché la colpa sia ascrivibile a “non italiani”. Ricordate la caccia all’albanese dopo il massacro familiare di Novi ligure? Accadeva una quindicina di anni fa e da allora la società italiana si è ulteriormente imbarbarita e atomizzata.
Allo stesso tempo i due militanti, che rimangono stupiti dalle affermazioni della donna,
rappresentano una testimonianza dell’incapacità dell’antagonismo di classe di essere strumento attivo di lotta in grado di andare oltre la semplice mobilitazione di piazza dell’ultima ora. Fabbriche che chiudono, leggi liberticide, tagli forsennati alle garanzie sociali e bonapartismo politico hanno reso talmente ampio e complesso il fronte degli interventi e delle lotte che qualsiasi difesa approntata si polverizza in mille rivoli, in tante corse a prendere la testa del corteo, la legittimazione
delle piazze e delle urne. Un quadro funesto appena mitigato dalle proteste e dalle ribellioni che periodicamente si manifestano, ultime quelle di Terni e dei mercati generali di Torino, o dalle lotte che ancora resistono (come in Val di Susa).
Difficile trarre conclusioni se non quelle di un richiamo comunque continuo alla mobilitazione, pena lo scoramento generale. Una volta con le espressioni paese legale e paese reale, si tendeva a sottolineare la distanza fra le istituzioni (e gli interessi privati e di profitto di cui sono portatrici) e i bisogni della collettività. E’ da augurarsi che queste espressioni oggi non rappresentino in realtà la
distanza fra le aspirazioni di una società migliore e i bisogni di una società migliore. Forse le
provocazioni neofasciste possono fornire in tal senso ulteriori termini di riflessione.
Un* compagn* che c’era.
In una di queste piazze, Ancona, si è ritrovato tutto il mondo dei vari frammenti dell’eredità della resistenza: dagli anarchici ai centri sociali, dai vari partiti comunisti all’Anpi. Verso la fine della giornata, tornando a casa, due manifestanti incrociano una passante che domanda che cosa sia successo. Le rispondono che sono lì in opposizione alla manifestazione contro l’immigrazione. La donna capisce male e risponde: “Era ora, basta con questi immigrati. Tutti a casa!”. I due rimangono basiti e la donna si allontana. L’affermazione della donna è l’indicatore migliore del contesto politico sociale attuale, non solo di Ancona. Forza Nuova si mobilita nelle piazze, richiamando un fascismo populista e di pancia che nei fatti è già stato superato dallo stato di angoscia diffuso, dalla precarizzazione del lavoro e dall’impoverimento del ceto medio. La funzione squadrista degli eredi del Duce non è messa in discussione, ma la società cui si riferiscono, di fatto è più fascista di loro, pronta a scendere in strada per dare la caccia al nero, a fare la spia al padrone, a gridare al linciaggio qualsiasi cosa accada purché la colpa sia ascrivibile a “non italiani”. Ricordate la caccia all’albanese dopo il massacro familiare di Novi ligure? Accadeva una quindicina di anni fa e da allora la società italiana si è ulteriormente imbarbarita e atomizzata.
Allo stesso tempo i due militanti, che rimangono stupiti dalle affermazioni della donna,
rappresentano una testimonianza dell’incapacità dell’antagonismo di classe di essere strumento attivo di lotta in grado di andare oltre la semplice mobilitazione di piazza dell’ultima ora. Fabbriche che chiudono, leggi liberticide, tagli forsennati alle garanzie sociali e bonapartismo politico hanno reso talmente ampio e complesso il fronte degli interventi e delle lotte che qualsiasi difesa approntata si polverizza in mille rivoli, in tante corse a prendere la testa del corteo, la legittimazione
delle piazze e delle urne. Un quadro funesto appena mitigato dalle proteste e dalle ribellioni che periodicamente si manifestano, ultime quelle di Terni e dei mercati generali di Torino, o dalle lotte che ancora resistono (come in Val di Susa).
Difficile trarre conclusioni se non quelle di un richiamo comunque continuo alla mobilitazione, pena lo scoramento generale. Una volta con le espressioni paese legale e paese reale, si tendeva a sottolineare la distanza fra le istituzioni (e gli interessi privati e di profitto di cui sono portatrici) e i bisogni della collettività. E’ da augurarsi che queste espressioni oggi non rappresentino in realtà la
distanza fra le aspirazioni di una società migliore e i bisogni di una società migliore. Forse le
provocazioni neofasciste possono fornire in tal senso ulteriori termini di riflessione.
Un* compagn* che c’era.
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