Mario Adinolfi è stato a Jesi per la presentazione di un suo libro antiabortista. L’iniziativa ha avuto un seguito di pubblico decisamente esiguo, espressione del peso e della validità delle argomentazioni esposte. Maggiore è stata invece la partecipazione al presidio che ha contestato l’evento, sul quale si è concentrata, non poteva essere altrimenti, la narrazione mediatica e la risposta in forma di comunicato dello stesso Popolo della Famiglia. Come sempre si sono forzati termini e paragoni. Si può essere concordi o meno sulla necessità, e l’utilità politica di contestare una presentazione di un libro, ma far passare come episodio di violenza quattro slogan gridati e qualche fischietto soffiato è più un lavoro di fantasia che una forzatura vera e propria. Tacciare poi come fascisti i manifestanti è decisamente fuori dalla storia e dalla verità.
Durante il fascismo l’interruzione volontaria di gravidanza non era tutelata e le donne morivano per mano di mammane e di un maschilismo guerriero che le considerava – e lo fa tutt’ora – solo contenitori per la riproduzione della specie. Certo i soldi pubblici potrebbero essere spesi meglio che non per pagare la scorta – estemporanea ed unicamente per fare poche centinaia di metri – a Mario Adinolfi. Ben altra realtà è quella dei tanti giornalisti e scrittori in questo paese che, per quello che scrivono di veramente scomodo contro i poteri forti e criminali, sono costretti a mettere la loro vita sotto sorveglianza continua. Poi in un comunicato stampa uno può dire quello che vuole, magari si potrebbe anche ringraziare per una visibilità insperata, conseguente alla contestazione subita, più che legata all’inesistente pregnanza scientifica, sociale e politica dell’iniziativa messa in piedi.
Resta la questione centrale: quella di una maternità libera e partecipata, sostenuta e scelta, e men che meno imposta o viziata da mille artifici che inficiano una legge - la 194 – espressione di modernità e di civiltà, di libertà e di emancipazione femminile. In questo le Marche, come buona parte del paese, è un territorio dove l’obiezione di coscienza, la privatizzazione della sanità ed una politica retrograda umilia le donne e nega, nei fatti, la libertà di contraccezione e di procreazione. Questo è il punto principale su cui dibattere: la garanzia di un diritto sancito dalla legge. Il resto sono chiacchiere e vittimismo tipico di chi non ha argomenti e cerca di raccattare voti nel sottobosco delle frustrazioni della piccola e cattiva provincia italiana, e continua a considerare le donne come “macchine e contenitori” per fare figli.
FAI – Federazione Anarchica Italiana
sez. “M. Bakunin” – Jesi
sez. “F. Ferrer” – Chiaravalle
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