Il
grido di allarme che da più parti si è levato le scorse settimane sulla
sanità marchigiana, e quella locale, purtroppo rientra nel copione
scritto della progressiva destrutturazione del sistema sanitario
pubblico. Medici per coprire i turni non solo nei reparti, ma nei
servizi di emergenza. Infermieri e personale di supporto, e di tute le
altre professioni sanitarie, ridotto all’osso costretto a passare al
solito un’estate difficile fra riduzioni d’organico e turni pesanti.
Servizi e posti letto, come l’offerta della diagnostica, ormai sono allo
stremo, in un quadro di sofferenza cronica.
Appellarsi alle
forze politiche e alle istituzioni locali, è più una pia illusione che
non uno strumento concreto di risoluzioni. Sindaci e amministratori
locali possono poco nei riguardi della difesa della salute del cittadino
sempre più delegata al mercato. La politica, quella della corsa alla
poltronissima 2022, poi potrà ancora meno. Capirai, in campagna
elettorale dove si promette tutto e non si mantiene nulla. Le Marche
inoltre hanno il futuro segnato dalla futura ristrutturazione sanitaria,
ispirata al brillante sistema lombardo – che ha eccelso nei mesi
pandemici – e teso alla privatizzazione tutta. Già ad Ascoli è nato un
Pronto soccorso in miniatura, privato, pronto a risolvere le piccole
cose ed evitare affollamenti. In giro più di una struttura sanitaria ha
dato in gestione questo o quel servizio diagnostico, riabilitativo e di
degenza al privato di turno. Le sorti dell’ospedale di Jesi sono
destinate a peggiorare, a meno che lavoratori e cittadini non facciano
sentire le ragioni della tutela della salute e della qualità del lavoro.
La
chimera della sanità del territorio si rivelerà presto tale in quanto
ha bisogno di soldi, operatori, risorse, e servizi che sono stati
sistematicamente negati per decenni alla sanità pubblica, e quindi … E
quindi forse il prode assessore alla sanità delle Marche, proverà a
trasformare ulteriormente i servizi come hanno tentato di fare in
Lombardia, dividendo l’offerta sanitaria pubblica in gestori ed
erogatori: in pratica aprendo alla privatizzazione selvaggia del
settore. Nella regione di Milano il piano, fino ad oggi, non è passato.
Chissà, forse nella nostra regione la destra rampante riuscirà dove
altri hanno fallito. Conclusione. Se si vogliono servizi, posti letto,
operatori sanitari, e coperture sanitarie, oggi come oggi non basta
neanche più mendicarle. Bisogna conquistarle, rivendicando il diritto
alla salute, contro la menzogna ideologica del profitto.
FAI – Federazione Anarchica Italia
sez. “M. Bakunin” - Jesi
sez. “F. Ferrer” – Chiaravalle
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