Se
fascista
è
un paese,
La politica italiana, prima delle
idee, dei programmi o dei progetti, si preoccupa di far vedere che ha
un capo. Un leader che ci mette la faccia, anche se nasconde una
testa vuota. C’è chi vuole un direttorio
e chi si fa chiamare giovani
turchi, chi pensa al
segretario che fu e chi sopra a tutti all’infallibilità del
pontefice. Questo non è fascismo, ma è la cultura del paese in cui
è nato il fascismo.
L’economia italiana vede
dominare l’assenza di reddito, diritti, lavoro, in una guerra fra
poveri che si contendono stipendi da fame. Il lavoro senza
remunerazione per i giovani (e non solo) è diventato metodo e
pratica diffusa nascosta sotto il nome di stage.
Interi mesi o settimane se ne vanno via senza neanche il becco di un
quattrino riconosciuto. Il ricatto di chiudere la porta in faccia,
spostare la fabbrica in un altro paese, o accusare l’eterna crisi o
le tasse esose, sono le argomentazioni di buona parte della classe
dirigente italiana. Una classe brava a creare umiliazioni e
sfruttamento. Questo non è fascismo. Questo è capitalismo, il
sistema economico in cui si è sviluppato il fascismo italiano (e non
solo).
La possibilità di opporsi o
partecipare, proporre o essere informati, rappresentare insomma il
paese reale in una qualche utopia
di libertà democratica, si scontra con il potere mediatico del paese
legale, che decide come sfruttare l’ambiente (trivelle e TAV),
ostacolare l’istruzione pubblica, la sanità universalista o rubare
il diritto alla
pensione. Le ragioni che valgono sono quelle di chi urla più forte e
non spiega ragioni. La paura dell’altro soffoca la solidarietà
umana. Il più debole è colpevole di essere tale. Il più forte
vince ed è applaudito. Questo è fascismo, quello italiano, tipico,
con e senza camicia nera, lo stesso che ha continuato a prosperare
dopo il ’45, si è alimentato delle gerarchie sociali, delle
differenze di classe, delle disuguaglianze fra uomini e donne, fra
Nord e Sud. E’ il fascismo delle stragi di Portella
della Ginestra e di
Piazza Fontana, del terrorismo di Piazza della Loggia e dei morti
ammazzati come Pinelli e Mastrogiovanni, Aldovrandi, Cucchi e Uva, e
troppi altri ancora. Questo è il fascismo italiano, quello del
potere. Perché è il potere ad essere fascista non il popolo. Il
popolo può essere vittima o complice, seguace o partigiano, ma in un
modo o nell’altro pagherà sempre il prezzo di un sistema di
gerarchia che si nutre dell’umanità ferita e umiliata.
Il fascismo non è per sempre,
non è invincibile. Ha bisogno della vigliaccheria squadrista di Casa
Pound o dell’omofobia delle sentinelle,
del razzismo della Lega o della violenza di Forza Nuova. Il fascismo
è però qualcosa che è già stata sconfitta dalla storia e dai
popoli che, quando non sono vittime o complici, diventano
antifascisti, combattono contro un sistema di sfruttamento e
oppressione, violenza e menzogne che nelle stanze del potere si
generano continuamente.
Forse ancora non c’è bisogno
di tornare in montagna
per difendersi da governi che cancellano diritti e diffondono
menzogne. Di certo c’è bisogno di tornare ad essere protagonisti
di una società più giusta, eguale e solidale, di conquistare
diritti per i più deboli, diffondere una cultura che nega qualsiasi
spazio a oppressioni ed oppressori. I motivi per essere antifascista
sono tanti, metterli assieme, organizzarli, e dare loro voce e
dignità politica significa dare forza all’antifascismo ogni giorno
in un paese che ha bisogno di tutto, meno che del fascismo.
antifascista
è un popolo in lotta
F.A.I. Federazione Anarchica Italiana
Sez. "M. Bakunin" Jesi
Sez. "F. Ferrer" Chiaravalle
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