lunedì 1 giugno 2015


Difesa d’Ufficio.

Nel numero di “La Repubblica” del 20 maggio 2015, a pagina 28, la rubrica “L’amaca” di Michele Serra dedica un commento all’arresto dell’anarchico Marco. Il testo recita:

Considero l’anarchico Marco, arrestato per l’aggressione al vicequestore durante il putiferio milanese anti-Expo, il minore dei nostri mali. O comunque: non il maggiore. Un marginale incazzato cui è capitata la sfortuna di diventare la star di una fotografia che ha fatto il giro del mondo, con un poliziotto a terra e il suddetto Marco (spalleggiato dal suo branco) che lo bastona, e tutti i “prima” e tuti i “dopo” che non contano più niente, conta solo l’attimo. E l’attimo, questa volta, è contro Marco e parla male di lui. Sarebbe bello, però, che il suddetto Marco, in un giorno qualunque della propria vita, magari a bocce ferme, a mente serena, in galera o (gli auguro) fuori di galera, con il suo pitbull o anche con cani meno bellicosi, guardasse quella foto e riconoscesse, nella propria sagoma con le gambe larghe e il braccio levato in aria, qualcosa di già visto. Stravisto. E’ l’immagina arcaica e archetipa dell’uomo di guerra, la guerra del fuoco o ancora indietro lo scimmione di Stanley Kubrick che scopre la prima arma, e la brandisce urlando al cielo la sua euforia. Tutto è muscoli e nervi, in quella postura di aggressore che scatta come una molla, tutto è adrenalina, guerra, ferinità, la sopraffazione della bestia (siamo bestie pure noi) per non essere sopraffatta. Gli anarchici erano tra quelli che lavoravano per la “futura umanità”. Un loro giornale si chiama Umanità Nova, fondato nel 1920 da Errico Malatesta. Di futuro e di “nuovo”, nell’uomo bastonatore, non c’è un granché.

E’ interessante la capacità di cogliere la notizia che “fa giornalismo”, che vende. Non quella che parla del cane che morde l’uomo, come potrebbe essere quella della testa spaccata dell’anarchico Silvano caricato a Massa per la contestazione contro Salvini, o quella della donna che contestava Renzi a Bologna giorni fa o più di recente dei segni del pestaggio di chi, sempre a Bologna, ha scioperato a difesa dei diritti lavorativi. No, pestaggi dovuti a cariche di alleggerimento e missioni squadristiche, non fanno notizia, anzi, meglio non parlarne. Ciò che fa notizia è l’uomo che morde il cane, la fotografia che mostra a terra chi ha una divisa e sopra di lui qualcuno senza divisa.

La notizia c’è. Lo scandalo e l’orrore pure e quindi ci si può ricamare sopra, in un modo o nell’altro. Purtroppo l’articolista ha perso diverse opportunità, quella magari di riferirsi al putiferio milanese non tanto ad un giorno anti-Expo, ma a tutti gli altri che sul piano economico e clientelare, legati ad Expo, rappresentano di gran lunga un putiferio anti-Milano. L’articolista poteva evitare di perdersi in valutazioni etiche sulla violenza rifacendosi al semplice fatto che il suo uso privilegiato, prima ancora che essere elemento animalesco, è sul piano giuridico caratteristica di diritto riconosciuta allo stato, e quindi in questo considerata necessaria, inevitabile, giusta e assumere la dimensione morale che la connota in toto: quella gerarchica; espressione dello stato appunto.

Ma una rubrica ristretta non può perdersi in argomentazioni e facezie e quindi basta chiudere con il solito schema mediatico degli anarchici buoni, quelli de ‘na volta, e di quelli cattivi, figli degeneri di un passato glorioso. Libero di scrivere e dire ciò che vuole – a pagamento poi! – l’articolista poteva ricordare che la marginalità in cui confina Marco, è il segno di una guerra di classe che l’oligarchia dei profittatori sta conducendo sulla moltitudine degli ultimi, verso i quali, gli anarchici continuano a volgere la loro attenzione. Magari con forze scarse, con limiti politici, con ambiti ristretti di movimento, però con la validità di una idea della società libera da ogni gerarchia che il novecento appena passato, purtroppo, ha confermato. Non resta che ringraziare l’articolista per la difesa d’ufficio fatta che mostra tutto il suo spessore intellettuale, la validità del modello di società cui si è sempre ispirato, la sua buona fede.

Per chi non lo avesse ancora letto di seguito il link del comunicato che parla del pestaggio e dell’arresto del compagno Silvano:


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