MONDIALI...DI
GUERRA?
Sono iniziati i mondiali di calcio, ed è la
volta del Brasile, e come per tutte le grandi opere (olimpiadi, etc.), la
competizione si carica delle stesse pratiche consolidate: profitti capitalisti
contro diritti umani. In questa occasione nel Brasile, da poco diventata 7^ potenza
mondiale - e non certo per meriti di redistribuzione di ricchezza – l’aumento
vorticoso delle disuguaglianze sociali ed economiche è ancora più evidente,
secondo l’idea di sfruttare lo sfruttabile ed accumulare ricchezza per pochi.
E’
quanto accade in maniera distruttiva a livello mondiale, da dieci anni a questa
parte, con un capitalismo internazionale che investe in paesi senza alcuna
tutela sindacale, ambientale e welfare strutturato, con governi complici, o
dove questo esiste – la vecchia Europa – richiama al loro dovere i governi nel
sostegno al taglio delle garanzie sociali e sindacali.
Risorsa umana o naturale, ambientale o
sociale, tutto viene sacrificato per il profitto del potere capitalista e degli
interessi di pochi. Chi si oppone subisce arresti (anche preventivi),
pallottole (non sempre di gomma), espulsione (dalle città – gentrificazione -),
dal lavoro, dalla società. Quando tutto ciò non basta, una bella guerra è
sempre pronta per rimescolare le carte geo-politiche, far arricchire
multinazionali di vario tipo, terrorizzare gli schiavi di sempre.
E
se per caso regimi corrotti cadono sotto i colpi della rivolta popolare, come è
stato in qualche paese del Nord Africa, o in Medio-Oriente eserciti e chiese di
vario tipo si mobilitano per riprendere il controllo del potere, e avviare
nuovi affari, con il beneplacito dei governi occidentali.
In
questo quadro le proteste che si susseguono da mesi in Brasile si legano ad una
rivendicazione di tipo politico/sociale di un utilizzo della spesa pubblica a
favore della popolazione con scuole e ospedali invece che andar ad ingrassare
le multinazionali che si muovono dietro gli incontri internazionali del calcio.
Il
55% dei brasiliani non vuole questo campionato. Se la loro protesta
continuasse, legando contestazione alle grandi opere e rivendicazioni sociali –
come è avvenuto per la lotta dei lavoratori della metropolitana di Rio –
l’esercitò brasiliano dovrà allargare il suo campo di battaglia dalle sole
favelas a tutto il Brasile. Pratica non nuova in Latino America. Pratica non
nuova, anche se su scala ridotta nella democratica Italia della tirannide del
“sistema Tav”. Guerra interna o esterna
i casi ormai diventano sempre più frequenti solo un unione di intenti tra
sfruttati potrà opporsi all'avanzare incontrastato del capitale che schiaccia
l'umano.
F.A.I. - Federazione Anarchica Italiana
M.Bakunin - Jesi
F.Ferrer - Chiaravalle
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